Atti amministrativi generali obbligatori non aventi contenuto normativo.


Occorre però precisare che la 'class action' non sfugge ai comuni principi in materia di domanda giudiziale, e, dunque, alla regola che questa debba essere sufficientemente determinata nel suo 'petitum', in relazione al contenuto dell'azione ed alla sua finalità. La parte ricorrente, quindi, non può limitarsi genericamente a chiedere l'emanazione di 'atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo': giacché si deve trattare di atti 'obbligatori', chi li richiede deve evidentemente dimostrare, quale elemento costitutivo essenziale della sua domanda, che tali essi sono, e ne dovrà perciò definire il contenuto, indicando la fonte normativa di tale obbligo, in riferimento alla situazione di pregiudizio lamentata: o, comunque, tutto ciò dovrà essere 'de plano' desumibile dal ricorso, per consentire al giudice di pronunciare l'accertamento richiesto e le statuizioni consequenziali. Peraltro, se con un solo ricorso sono individuate una pluralità di situazioni, in cui debba essere ripristinato il corretto svolgimento della funzione o la corretta erogazione di un servizio - e quindi, in pratica, in cui sono cumulate più domande - per ciascuna di esse dovrà essere identificabile l'atto generale da emettere (T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 03 settembre 2012, n. 7483).

TAR SARDEGNA di CAGLIARI - SENTENZA 25 ottobre 2013, n.672

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 91 del 2013, proposto da:

Associazione Artigiani Commercianti Liberi Sardegna, Associazione Giuristi Indipendenti, Benedetto Soru, Carletto Ledda, Giuseppe Carboni, Luigi Toro, Maria Rosaria Randaccio, rappresentati e difesi dall'avv. Francesco Scifo, con domicilio eletto presso Francesco Scifo in Cagliari, via della Pineta n. 109;

contro

Regione Sardegna, rappresentata e difesa dagli avv. Roberto Murroni, Patrizia Angius, con domicilio eletto presso Ufficio Legale Regione sarda in Cagliari, viale Trento n. 69; Autorità Portuale di Cagliari, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata in Cagliari, via Dante n. 23; Comune di Cagliari, rappresentato e difeso dall'avv. Francesca Frau, con domicilio eletto presso Ufficio Legale Comune Cagliari in Cagliari, via Roma n. 145;

per l’accertamento ex art. 3 comma 1 d.lgs. 198/2009

dell’inefficienza dell’Amministrazione e per:

l’ordine all’Amministrazione di delimitare e perimetrare materialmente la zona franca;

disporre affinché sia autorizzata qualsiasi attività di natura industriale o commerciale di prestazioni di servizi come previsto dall’artt. 1 comma 2 del D.P.C.M. 7 giugno 2001;

ordinare agli assessori regionali competenti di predisporre e approvare i programmi annuali relativi al funzionamento e gestione della zona franca di Cagliari come previsto dall’art. 2 comma 3 del D.P.C.M. 7 giugno 2001;

ordinare alla Giunta e per essa al suo Presidente p.t. di vigilare sull’attuazione dell’art. 7 del suddetto decreto e dei relativi termini perentori in esso indicati e di porre in essere gli adempimenti previsti dall’art. 12 dello stesso articolo;

ordinare l’attuazione delle altre prescrizioni previste dall’art. 1 del d.lgs. 75 del 1998 e cioè di porre in essere tutte le attività necessarie all’attuazione di tutte le altre zone franche previste in Sardegna dalla suddetta normativa;

sollevare se del caso, questione pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 TFUE sull’interpretazione dell’art. 107 del TFUE in relazione agli artt. 12 dello Statuto autonomo della Regione Sardegna nonché l’art. 1 del d.lgs. 75/1998 e gli artt. 1 – 13 del DPCM del 7 giugno 2001.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Sardegna, dell’Autorità Portuale di Cagliari e del Comune di Cagliari;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 giugno 2013 il dott. Gianluca Rovelli e uditi l’avvocato Scifo per i ricorrenti, l’avvocato dello Stato Bonomo per l’Autorità Portuale di Cagliari, gli avvocati Angius e Murroni per la Regione autonoma della Sardegna e l’avvocato Mura su delega dell’avvocato Frau per il Comune di Cagliari;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 FATTO

Espongono i ricorrenti che il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 7 giugno 2001 ha dettato le disposizioni per l’operatività della zona franca di Cagliari, autorizzando qualsiasi attività di natura industriale, commerciale o di prestazioni di servizi.

La zona franca risulta tuttora non operativa ed è necessario dare adempimento alle prescrizioni normative al fine di una spedita realizzazione della stessa e di una sua armonizzazione con le altre zone franche della Sardegna da costituire.

In data 18.9.2012 i ricorrenti notificavano una diffida alle Amministrazioni ai sensi della L. 198/2009 chiedendo che ciascuna di esse, per quanto di competenza, assumesse, entro il termine di novanta giorni dalla data di notificazione, ogni attività amministrativa diretta a garantire il rispetto della normativa e a rendere operativa la zona franca di Cagliari e tutte le altre zone franche previste in Sardegna dal d.lgs. 10 marzo 1998 n. 75.

Alla diffida non faceva seguito alcun riscontro.

Agiscono quindi in giudizio chiedendo, se del caso anche a mezzo di nomina di commissario ad acta (testualmente):

- ordinare di delimitare e perimetrare materialmente la zona franca;

- disporre affinché sia ivi autorizzata qualsiasi attività di natura industriale o commerciale o di prestazione di servizi come previsto dall’art. 1 comma 2;

- ordinare agli assessori regionali competenti di predisporre e approvare i programmi annuali relativi al funzionamento e gestione della zona franca di Cagliari come previsto dall’art. 2 comma 3 del DPCM 7 giugno 2001;

- ordinare alla Giunta e per essa al suo Presidente p.t. di vigilare sull’attuazione dell’art. 7 del suddetto decreto e dei relativi termini perentori in esso indicati e di porre in essere gli adempimenti previsti dall’art. 12 dello stesso articolo;

- ordinare l’attuazione delle altre prescrizioni previste dall’art. 1 del d.lgs. 75 del 1998 e cioè di porre in essere tutte le attività necessarie all’attuazione di tutte le altre zone franche previste in Sardegna dalla suddetta normativa;

- sollevare, se del caso, questione pregiudiziale d’urgenza, ai sensi dell’aex art. 234 e ora art. 267 TFUE sull’interpretazione dell’art. 107 del TFUE in relazione agli articoli 12 dello Statuto autonomo della Regione Sardegna, nonché l’art. 1 del d.lgs. 75/1998 e gli artt. 1-13 del DPCM del 7 giugno 2001.

Si sono costituite la Regione autonoma della Sardegna, l’Autorità portuale di Cagliari e il Comune di Cagliari contestando puntualmente le argomentazioni dei ricorrenti e chiedendo il rigetto del ricorso.

Alla udienza pubblica del 5 giugno 2013 il ricorso veniva trattenuto per la decisione.

DIRITTO

Il ricorso è inammissibile.

E’ necessaria una breve premessa al fine di inquadrare l’azione proposta dai ricorrenti.

Il d.lgs. 20 dicembre 2009, n. 198 all’art. 1 prevede, per quanto qui di rilievo, che, “al fine di ripristinare il corretto svolgimento della funzione o la corretta erogazione di un servizio”, i titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralità di utenti e consumatori possono agire in giudizio, innanzi al giudice amministrativo, nei confronti delle amministrazioni pubbliche, se derivi una lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi, “dalla violazione di termini o dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento”.

Se ricorrono i sopra indicati presupposti, il ricorso può essere proposto “anche da associazioni o comitati a tutela degli interessi dei propri associati, appartenenti alla pluralità di utenti e consumatori di cui al comma 1” (comma 4).

Quanto al procedimento, il ricorrente notifica preventivamente una diffida all’amministrazione “ad effettuare, entro il termine di novanta giorni, gli interventi utili alla soddisfazione degli interessati”.

La diffida è notificata all’organo di vertice dell’amministrazione, che assume senza ritardo le iniziative ritenute opportune, individua il settore in cui si è verificata la violazione, l’omissione o il mancato adempimento di cui all’articolo 1, comma 1, del ripetuto d.lgs. 198/09 e cura che il dirigente competente provveda a rimuoverne le cause.

Il ricorso è proponibile, nell’intervallo di un anno, se, decorso il termine sopra indicato, l’amministrazione non ha provveduto, o ha provveduto in modo parziale, ad eliminare la situazione denunciata.

Il giudice, ex art. 4, accoglie la domanda se accerta la violazione, l’omissione o l’inadempimento, ordinando alla pubblica amministrazione “di porvi rimedio entro un congruo termine, nei limiti delle risorse strumentali, finanziarie ed umane già assegnate in via ordinaria e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.

Ciò premesso, va rilevato quanto segue.

Anzitutto occorre ricordare che il presupposto di ammissibilità di un'azione collettiva pubblica passa attraverso la verifica della sussistenza di uno dei seguenti comportamenti tipizzati:

a) la violazione di termini o la mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato dalla legge o da un regolamento;

b) la violazione degli obblighi contenuti nelle Carte di servizi;

c) la violazione di standard qualitativi ed economici stabiliti per i concessionari di servizi pubblici, delle autorità preposte alla regolazione e al controllo del settore e per le Pubbliche Amministrazioni, definiti dalle stesse in conformità alle disposizioni in materia di performance contenute nel d.lgs. 27 ottobre 2009 n. 150 (T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 06 settembre 2013, n. 8154).

Occorre però precisare che la 'class action' non sfugge ai comuni principi in materia di domanda giudiziale, e, dunque, alla regola che questa debba essere sufficientemente determinata nel suo 'petitum', in relazione al contenuto dell'azione ed alla sua finalità. La parte ricorrente, quindi, non può limitarsi genericamente a chiedere l'emanazione di 'atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo': giacché si deve trattare di atti 'obbligatori', chi li richiede deve evidentemente dimostrare, quale elemento costitutivo essenziale della sua domanda, che tali essi sono, e ne dovrà perciò definire il contenuto, indicando la fonte normativa di tale obbligo, in riferimento alla situazione di pregiudizio lamentata: o, comunque, tutto ciò dovrà essere 'de plano' desumibile dal ricorso, per consentire al giudice di pronunciare l'accertamento richiesto e le statuizioni consequenziali. Peraltro, se con un solo ricorso sono individuate una pluralità di situazioni, in cui debba essere ripristinato il corretto svolgimento della funzione o la corretta erogazione di un servizio - e quindi, in pratica, in cui sono cumulate più domande - per ciascuna di esse dovrà essere identificabile l'atto generale da emettere (T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 03 settembre 2012, n. 7483).

Nel caso qui sottoposto all’esame del Collegio occorre osservare:

a) che l’azione promossa è del tutto generica quanto alla corretta rappresentazione della legittimazione degli stessi ricorrenti;

b) che la stessa azione è altrettanto generica con riguardo alla esatta individuazione della concreta lesione subita ad opera delle Amministrazioni, anch’esse tutte genericamente intimate (senza peraltro nulla dire in ordine al soggetto gestore individuato nella “Cagliari Free Zone” dal D.P.C.M. 7 giugno 2001).

Il risultato è un’azione che si risolve in una generica richiesta di provvedimenti, non meglio specificati (che gli stessi ricorrenti indicano “in via esemplificativa” con ciò ammettendo, essi stessi, l’indeterminatezza del petitum), con conseguente difficoltà per il giudice amministrativo adito di comprendere quali ordini dovrebbe impartire alle Amministrazioni interessate al fine di porre rimedio alla situazione dannosa denunciata.

Il ricorso è, in definitiva, inammissibile.

La novità delle questioni prospettate consente di ritenere sussistenti le gravi ragioni per disporre la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.